Se qualcuno, leggendo il titolo, ha creduto di trovare in questo libro ricette di dolcetti natalizi, ha sbagliato tutto. Qui si parla di cucina, come del “l’universo parallelo in cui nei medesimi istanti il sangue scorre a fiumi perché qualcuno si è ferito, mentre altri piangono sommessamente con i nervi a pezzi, e altri ancora urlano, litigano, pestano i piedi e, qualche volta, esultano.”
La cucina come mondo femminile, centro della casa e della famiglia, luogo caldo e odoroso dove le ricette della “nonna” vengono tramandate da madre in figlia, non è la stessa in cui vengono preparati i piatti gourmet dei ristoranti più o meno stellati.
Quando estasiata mangio in due bocconi le prelibatezze di un grande chef, vivo una esperienza esaltante, unica e inebriante che dura pochi minuti pur se nel ricordo permane per sempre, ma perché ciò avvenga occorre che una squadra ben addestrata, suoni all’unisono come una orchestra affiatata al comando di un maestro direttore d’orchestra.
“In cucina la gerarchia è tutto. …La struttura è piramidale, e tutto si trasferisce al gradino inferiore, ogni ordine, ogni scoppio d’ira.”
Il cucinare è un’arte in cui si incontrano fantasia, creatività, scienza, gusto ed estetica ma tutto questo non serve se dietro non c’è la passione di persone disposte a lavorare anche 16 ore al giorno pur di raggiungere la perfezione.
“Cucinare un romanzo! Raccontarne la trama attraverso le ricette, gli odori, gli aromi, le tante possibili consistenze, come da sempre accadeva con la musica e la danza classica, sarebbe la cosa più fantastica del mondo! Significherebbe unire, con un tocco di bacchetta magica, le mie due occupazioni preferite, la cucina e la lettura.”
Questa è forse la chiave di lettura di questo libro in cui, una donna trentanovenne già inserita in una carriera di giornalista, decide di dare una svolta alla sua vita, lasciando la strada fin lì intrapresa per dar vita a una passione da sempre latente pur chiedendosi ad ogni difficoltà “ Perché sono qui? Per obbedire all’imperativo moderno del mondo occidentale e vivere il mio sogno?”
La consapevolezza che “Cuoca non si diventa un giorno o l’altro. Devi volerlo davvero. Seguire un percorso. Completare una formazione. “ fa sì che Verena lasci la Germania e si iscriva ad un corso di formazione intensiva presso la scuola di cucina più famosa, la “Cordon Bleu” di Londra.
“Adesso o mai più, stabilii facendo un bilancio onesto….La cosa era semplice, dovevo mettere i piedi in una cucina professionale, capire se stavo inseguendo un sogno che magari non era più nemmeno il mio. “
La lucida caparbietà di questa donna che si imporrà, anche nelle peggiori condizioni fisiche e psicologiche, di raggiungere l’obiettivo che si è proposto, è un vero stimolo a seguirne l’esempio “Quando l’imperativo tu devi! Ti tortura in fondo all’anima, la sola cosa che ti calma è dire con orgoglio due semplici parole: io voglio! “
La cucina è anche scuola di vita. Bisogna sapersi rapportare con i soggetti più caratteriali, ognuno col suo vissuto più o meno limpido.
“ La cucina insegna la disciplina e molti dicono che rafforza il carattere. “
“ … in cucina non si può pensare ad altro che a quello che c’è da fare a ogni istante, è impossibile perdersi nei gorghi dell’ansia. Si lavora così tanto e così a lungo che il lavoro funge da narcotico.”
E’ anche necessario cambiare le proprie abitudini mentali, “la cucina …richiede un procedimento lineare, cronologico. Qui non si salta, si fanno le cose una dopo l’altra. Prima si fanno bollire le uova, poi si sbucciano.”
“Perché lo sto facendo? E perché accetto le regole deliranti della cucina? Perchè voglio diventare cuoca a tutti i costi?”
“Voglio saperne di più, di questo mondo così strano, così veloce, così preciso, così duro, che ti sfinisce fino all’osso…Lo voglio perché quando cucino in modo così adrenalinico, la vita mi pulsa forte nelle vene, perché la bellezza dei piatti mi suscita un rispetto infinitamente profondo… sono qui perché voglio essere in grado anch’io di farle, queste cose, un giorno, … perché la ricerca della perfezione dà dipendenza. …sono qui perché le cucine sono luoghi stracolmi di storie…”
E’ vero e nel mio piccolo, nell’ambito della mia cucina, ho depositato stress, dolori e euforie, accendendo il forno e impastando uova e farina, anche stanca dopo una giornata di lavoro.
Archivio della categoria: libri e fumetti
Per ricominciare guarda tra le pagine di un libro
Mi piacciono i romanzi che parlano di libri e biblioteche e ne ho letti diversi.Quello che ho appena finito “ ” non ha una trama particolarmente interessante, ma ha il potere di introdurre nel mondo dei lettori accaniti. Non amo acquistare libri usati, mi attira il volume intonso che nessuno ha toccato e con il quale riesco a stabilire un … Continua a leggere
La mia seconda vita tra zucchero e cannella di Verena Lugert
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VI PREGO, CERCATE DI CAPIRE
Romanzo di MAY SARTON “Non sono pazza, sono solo vecchia. …Mi trovo in un campo di concentramento per vecchi, un posto dove la gente scarica i genitori o i parenti proprio come se si trattasse di un bidone dell’immondizia.” (pg1) Un atto di accusa che fa venire i brividi pensando a quando toccherà a me! “ A volte ho la … Continua a leggere
Il morso della reclusa
Oggi il mio viaggio-lettura mi porta in Francia a Parigi per seguire le avventure del commissario Jean-Baptiste Adamsberg e della sua squadra dell’anticrimine. Non sto a raccontare la trama del libro Il morso della reclusa di Fred Vargas, basta andare su internet per questo, ma cerco l’ appiglio per approfondire la mia conoscenza dei luoghi, dei protagonisti, che considero come … Continua a leggere
I libri che ho letto nel 2017
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Ho vissuto un anno molto ricco per quanto riguarda la lettura, infatti sono ben 52 i libri, che ho letto ,per la maggior parte gialli, ma anche qualche bel romanzo. Ho pensato di riunire titoli e recensioni innanzitutto per tenere sotto controllo la mia biblioteca e poi per poter condividere più facilmente le mie esperienze letterarie con gli amici o con chi, come me, ama dedicarsi a questo hobby più che al gioco del burraco, ad esempio. Ho scoperto che avendo poca memoria elencare i titoli e le copertine dei vari volumi acquistati mi aiuta a ricordare trame, autori e personaggi . Per qualcuno ho aggiunto alcune righe di commento.
- Stockholm confidential di hanna lindberg
- Quello che non uccide di david lagercrantz
- Buone feste alex cross di james patterson
- Dicembre è un mese crudele di elizabeth george
- L’angelo di neve di ragnar jonasson
- Peccato mortale di james patterson
- La scelta decisiva di charlotte link
- L’apparenza delle cose di elizabeth brundage
- Sole di mezzanotte di jo nesbo
- L’isola di alice di daniel sanchez arevalo
- Il paese dei ciliegi di dorte hansen
- Il libro dei baltimore di joel dicker
- Nel labirinto di sigge eklund
- Il libro degli specchidi e.o. chirovici
- Quando l’amore nasce in libreria di veronica henry
- Ferro e sangue di liza marklund
- Il respiro del fuoco di federico inverni
- La donna che sparì con un libro di idra novey
- Musica nera di leonardo gori
- Il miniaturista di jessie burton
- Caffe’ amaro di simonetta agnello hornby
- La forma del buiodi mirko zilahy
- Gli eredi di wulf dorn
- Le bambine dimenticate di sara blaedel
- La musa di jessi burton
- I cacciatori di ingar johnsrud
- Dentro l’acqua di paula hawkins
- Piuttosto il diavolo di ian rankin
- Non lasciare la mia mano di michel bussi
- L’arte di morire di anna grue
- Yeruldelgger tempi selvaggi di ian manook
- Non ditelo allo scrittore di alice basso
- Questa notte morirai di viveca sten
- La strega di camilla lackberg
- Il tempo del male di arne dahl
- La testimone del fuoco di lars kepler
- Rondini d’inverno di maurizio de giovanni
- Piuttosto il diavolo di ian rankin
- A cantl’are fu il cane di andre vitali
- Non tornare indietro di sophie hannah
- Nessuna notizia dello scrittore scomparso di daniele bresciani
- L’arminuta di donatella di pietrantonio
- L’uomo che inseguiva la sua ombra di david lagercrantz
- La trappola di melanie raabe
- Rispondi se mi senti di ninni schulman
- Il silenzio dell’altopiano di steinar bragi
- Selfie di kjell ola dahl
- Mai dimenticare di michel bussi
- Il presagiodi anne holt
- Snob di julian fellowes
- La solitudine del ghiaccio di sheena kamal
- La neve sotto la neve di alessandro perissinotto
Dopo aver letto Il cardellino di Donna Tartt
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Il Cardellino di Donna Tartt
Quando leggo un libro mi piace diventare il più possibile, parte del contesto in cui la storia si svolge. E’ come guardare un film. Nella mia mente si tratteggiano i personaggi, i luoghi, le cose e ogni pagina che volto è un fotogramma che va ad impressionare la pellicola della mia fantasia. Ecco perché non mi interessa vedere prima il film e poi leggere il libro da cui è stato tratto, mi sembrano due realtà che si sovrappongono, mi sento derubata della mia immaginazione, del modo in cui quella storia si sarebbe svolta per me.
In questo caso nel libro ci sono riferimenti reali e concreti che ho voluto esaminare più da vicino a partire dal Cardellino che dà il titolo al romanzo.
Ho cercato su Google (benedetta la rete in questi casi!) e l’immagine che ho trovato rappresenta un delizioso cardellino tenuto legato per la zampetta ad un trespolo fissato contro una parete , forse all’esterno di un balcone, dipinto da Carel Fabritius nel 1654 in Olanda. Oggi questo quadro è conservato nel museo Mauritshuis de L’Aia, ma nel romanzo era esposto al Metropolitan Museum di New York .
Rispetto la libertà di immaginazione della scrittrice per la quale il piccolo ritratto è solo un punto di partenza per la storia che ha voluto raccontare e che mi ha dato l’occasione di conoscere un pittore di cui non avevo mai sentito parlare.
Sono andata sulla mappa di New York e ho seguito il percorso che Theo e sua madre fanno prima dell’incidente fino al museo e mi sono sentita ancora più vicina a loro.
Quando poi nel ritratto della sua bella madre “fiera ed elegante come una puledra di razza” Theo ne descrive l’acconciatura dei capelli “raccolti in una coda bassa simile a quella di un nobiluomo uscito dalla Storia di Genji” ho scoperto che questo romanzo è considerato il capolavoro della letteratura femminile giapponese, primo esempio del romanzo psicologico.
Leggere è bello, ma rimanere legati solo alla trama non mi basta. Voglio entrare a far parte della storia che mi viene raccontata quanto più possibile, e questa estrema curiosità mi aiuta ad arricchire il mio patrimonio culturale. Naturalmente molto spesso i racconti che leggo sono frutto di fantasia e anche i riferimenti geografici non sempre corrispondono alla realtà, ma aiutano ad immaginare come può essere un giorno di freddo a Stoccolma o una giornata di pioggia a New York, come le vicissitudini dei personaggi raccontati, immaginate o no, siano differenti se si svolgono al mare o in montagna.
Oggi, sempre leggendo il Cardellino, mi sono lasciata guidare in una passeggiata da Washington Square alla Decima strada Ovest ( le mappe di Google mi hanno aiutato molto e la visione Earth riesce a farmi sentire veramente sul posto) alla ricerca di Hobart e Blackwell un negozio-laboratorio di antiquariato. Mi sono sentita veramente sotto gli alberi di questo viale un po’ British con le sue vecchie case rosse una attaccata all’altra con piccole gradinate che scendono sotto il piano stradale o salgono al primo piano.
Da New York si parte per Las Vegas in Nevada e qui comincia, da quel che ho potuto capire leggendo, il tempo dell’abbandono. Theo un ragazzo di 15 anni è lasciato spesso da solo anche per più giorni da un padre incosciente, nulla facente e beone e dalla sua compagna. Inizia la fase dell’alcool, della droga, dei furtarelli e delle cattive compagnie. Quante volte mi verrebbe voglia di gridare: “No Theo, no tutto questo non va bene!” poi mi rendo conto di essere solo una spettatrice, anzi una uditrice di una storia che si è già svolta e che posso solo ascoltare e immaginare senza poter intervenire se non scuotendo la testa. Io tifo per quel cardellino solitario relegato su un trespolo attaccato al muro che guarda e può solamente interagire con quello che lo circonda, fino a dove la catena che lo tiene legato gli permette di arrivare.
Nel romanzo ho colto i traumi prodotti dagli attacchi terroristici, non solo i morti, le macerie, ma, nei sopravvissuti, i sensi di colpa, il dolore della perdita, la paura che stringe le viscere, la solitudine, l’impotenza distruttiva di ogni speranza futura. Ho riflettuto sulle vere vittime del terrorismo: i superstiti.
Un bambino che all’improvviso resta solo, incustodito, privato anche dell’affetto della madre, già suo unico riferimento dopo l’abbandono da parte del padre alcolizzato, diviene facile preda di chiunque gli mostri un minimo d’attenzione senza badare allo stile di vita, al vizio, alla sregolatezza, alla disonestà.
“Se un quadro ti affonda davvero nel cuore e cambia il tuo modo di vedere e di pensare e di provare emozioni, non pensi, “oh, amo questo quadro perché è universale…” Non è questa la ragione per cui ci si innamora di un’opera d’arte. E’ un sospiro segreto in un vicolo, … un intimo colpo al cuore. “ “…un quadro veramente grande è abbastanza fluido da farsi strada nella mente e nel cuore da ogni possibile angolazione, in modi unici e molto particolari. Sono tuo, tuo. Sono stato dipinto per te.”
Letture del 2015
Il 2015 è stato il mio primo anno di pensione e come previsto ho dedicato un po’ di tempo in più alla lettura. Sono una appassionata di gialli e ho deciso di dedicarmi all’approfondimento di questo genere letterario con un minimo di metodo cercando di colmare le lacune relative alla conoscenza dei nuovi autori che circolano nelle librerie. Uno spunto … Continua a leggere
Dopo aver letto Lo strano caso dell’apprendista libraia
Lo strano caso dell’apprendista libraia di Deborah Meyler Non so dare un giudizio su questo libro perché non risponde pienamente a quello che mi aspettavo. Con ciò non voglio dire che non sia un buon libro, ma la protagonista avrebbe potuto fare qualsiasi altro mestiere, perché non è tanto la libreria in cui lavora che la qualifica, ma le persone … Continua a leggere
Un’eredità di avorio e ambra
Citazione
Spulciando tra le novità librarie ho incontrato per caso questo titolo che mi ha incuriosito e leggendo le recensioni mi sono convinta che Un’ eredità di avorio e ambra di Edmund de Waal andava assolutamente letto. Ho avuto naso e oggi so di aver letto un libro che mi ha arricchito culturalmente e umanamente.
Avevo sempre snobbato l’arte giapponese e cinese considerandola nella mia ignoranza di gusto un po’ pacchiano e se non avessi letto “Un’ eredità di avorio e ambra” forse sarei rimasta di questa opinione. Oggi vorrei avere fra le mani uno dei netsuke della collezione Ephrussi per condividere il piacere tattile che questi minuscoli oggetti riescono a comunicare al suo proprietario quando li “rigira tra le mani”.
Questo libro non è un romanzo, ma si legge con la stessa facilità, è storia, ma quella della vita vera di persone realmente esistite e inserite in un contesto concreto.
E’ un libro che mi ha spinto ad approfondire diversi temi in esso esposti per la voglia di capire meglio i personaggi e la loro vita.
Seguendo le piccole figurine giapponesi che l’autore ha avuto in eredità dallo zio Iggie e i loro passaggi attraverso 3 generazioni di Ephrussi si incontrano uomini diversi, Charles mecenate e critico d’arte che li acquista a Parigi alla fine del’800; Viktor il cugino di Vienna a cui l’intera collezione viene regalata in occasione del matrimonio; Ignace “Iggie” che vive a Tokyo e che rientra in loro possesso alla fine della seconda guerra mondiale e il nipote Edmund di Londra che li riceve in eredità.
Città diverse: Parigi, Vienna, Tokyo, Londra, e situazioni storiche diverse.
Si entra in sintonia con gli scenari proposti tanto da sentirsi emotivamente partecipi degli avvenimenti raccontati. Si diventa parte di questa grande famiglia e delle sue vicissitudini e ci si affeziona a questa collezione di 264 netsuke.
Io leggendone le descrizioni ho pensato alle statuine napoletane dei nostri presepi che, pur nella loro micro statura, sanno raccontare storie della nostra quotidianità presente e passata.
Un libro, quindi, che consiglio di leggere.