Solitudine

solo.jpgÈ stato difficile decidere di commentare il libro “La solitudine dei numeri primi”. Alla prima lettura devo dire con sincerità non mi è piaciuto molto, come trama intendo, perché l’ho trovato privo di speranza. Poi sono tornata a leggerlo e il mio giudizio si è un po’ modificato. Anche se ti aspetteresti un finale più positivo.

I due personaggi del libro Alice e Mattia hanno reagito in modo diverso ai traumi subiti da bambini, l’una si sente emarginata perché zoppa, l’altro ha bisogno di auto lesionarsi per far tacere il suo senso di colpa nei confronti della presunta morte di sua sorella gemella.

Tutti e due sono in contrasto col mondo in cui cercano di vivere, ciascuno a suo modo, senza riuscire, peraltro, a integrarsi con esso.

Non voglio scrivere una recensione di questo libro, sarebbe superfluo, ma voglio parlare un po’ della solitudine in cui gli esseri umani si trovano incastrati per propria volontà, come Mattia, o per emarginazione come Alice. Mi sembra chiaro che, qualunque ne sia il motivo, la solitudine non è mai uno stato positivo, nasce sempre e comunque da traumi psicologici , dal disadattamento o dal rifiuto delle regole sociali, e produce malessere, incomprensione, depressione o anche, follia.

Sembra strano, ma oggi nel rumore e nel disordine caotico della vita quotidiana, specialmente nei grandi centri urbani, lì dove sembra che ci sia tanta gente e quindi tanta socializzazione, se si guarda con attenzione si può avvertire che ogni singola persona vive da sola al riparo di cuffiette legate all’ipod, di monitor  e di video giochi. In famiglia ogni membro difficilmente incontra l’altro e ognuno vive nella propria stanza e con i propri pensieri. Le chiacchierate tra amici sono state sostituite dalle chat , il televisore aiuta a trascorrere il tempo e, nel lavoro, ognuno pensa al proprio interesse.

Non voglio essere catastrofica, ma non lasciamoci fuorviare da ciò che appare, ogni essere umano diventa sempre più autonomo e sempre meno sente il bisogno dell’altro, anzi è difficile convivere. Non se ne ha più l’abitudine, non si è più in grado di sopportare la presenza di altri.  I matrimoni che durano così poco forse  sono una testimonianza dell’incapacità di socializzare. Se prima una famiglia numerosa con madre, padre, figli e nonni era capace di convivere in case piccole oggi vediamo che c’è la tendenza ad abitare da single in un  monolocale.

Questo stato di cose però non presenta un panorama di persone felici e soddisfatte della loro solitudine, anzi il male oscuro della nostra epoca è proprio la tristezza dell’essere soli. Uscire dagli schemi, dalle regole, taglia fuori dal contesto, e allora per vivere in comunità bisogna indossare la divisa morale, comportarsi tutti allo stesso modo e non avere più libertà di espressione, non essere più padroni di scegliere come vivere? Significa adeguarsi? Io credo che essere un gruppo voglia dire accettare i limiti e le diversità, vuol dire tolleranza e comprensione, vuol dire rispetto.

Alice non ama sciare e non ne ha voglia, ma deve piegarsi ai desideri del padre; Mattia ha commesso un errore e oltre al perpetuo rimorso, ha trovato il muro affettivo dei suoi genitori che hanno pensato bene di far finta di niente.

Solitudineultima modifica: 2011-02-11T18:37:28+01:00da elisaber
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