Elucubrazioni di un professore alle soglie della pensione.

Troppe cose che non condivide, troppi elementi contraddittori. Il professor X si sente in bilico come sulla  cresta di un’ onda, sballottato di qua e di là, privo di punti di riferimento sicuri.

Lavora con passione e competenza, ma a volte si sente umiliato dall’equivoco che la sua serietà professionale ingenera in chi lo sfrutta, scambiandola per dabbenaggine. Il lavoro va sempre e comunque retribuito in modo giusto e equilibrato. Sono nati per questo i sindacati che dovrebbero garantire il principio della “giusta mercede all’operaio” di evangelica provenienza. Purtroppo, in barba ai buoni e sacri principi, troppo spesso la remunerazione viene effettuata per simpatia, per ceto o per interesse di pochi e questo, per lo più, a svantaggio dell’utenza. Alle soglie della pensione Il professor X sente troppo evidenti i contrasti tra regole e pratiche concrete che generano un perenne stato di confusione e di risentimento, aumentando la tensione nell’ambito lavorativo.

La riflessione che deriva da tutto ciò si sviluppa intorno alle esigenze attuali della scuola che si è aperta al contesto storico-sociale, adeguando l’offerta formativa alle richieste varie e molteplici del mondo culturale e lavorativo in cui l’attuale generazione é immersa.

Partendo dal presupposto che in via di massima tale adeguamento del mondo dell’istruzione alle nuove esigenze è fondamentalmente positivo, la domanda nasce su che cosa sia prioritario offrire ai giovani per meglio prepararli ad affrontare il proprio futuro  anche  in considerazione dei costi di attuazione di ogni progetto.

Al di là di mode e simpatie,  la scuola pubblica non può perdere di vista il suo principale obiettivo, il pieno raggiungimento delle competenze attraverso l’acquisizione di conoscenze. Per sostenere questo processo si cercano le strategie più significative, sia didatticamente che psicologicamente.

L’utenza scolastica attuale presenta una molteplicità di situazioni problematiche che nascono da un tessuto sociale fortemente modificato a causa di una sempre maggiore multietnicità, di un gran numero di famiglie allargate, di costumi e principi diversi che hanno indotto sostanziali modifiche al modo di vivere attuale.

La scuola deve adeguarsi  a tutto ciò salvo restando il contenimento della spesa pubblica che attanaglia le scelte politico-amministrative della nazione.

Consulenti psicologici e medici, counselling di ascolto, docenti di sostegno, corsi di recupero e di aiuto allo studio, certificazioni linguistiche, concorsi nazionali e internazionali,  una miriade di conferenze che oggi si chiamano incontri con specialisti,  sono alla base della programmazione di Istituto per ciascun anno scolastico. Tutto ciò, teoricamente positivo e incentivante, sottolineando, a volte, incoerenze organizzative che vanno a scoprire il punto nevralgico della scuola italiana:  la professionalità docente.

Essere insegnanti è un misto di professione e missione, un intreccio invisibile tra dovere e piacere, un libero intervento i cui confini non si configurano pienamente, ma sono in perenne conflittualità con i risvolti burocratico-amministrativi da cui nessuno, con un contratto nazionale di categoria, può prescindere.

Il docente, abituato a sentirsi unico responsabile del suo lavoro dentro la propria aula, mal sopporta l’intromissione di altri organi nella gestione delle sue ore o del suo programma e si sente esautorato ogni volta che la sua classe gli viene sottratta per la partecipazione ad attività  organizzate da altri. Allo stesso tempo, ogni qualvolta vuole o deve, non si pone il problema di lasciare scoperte le sue ore di lezione pensando, come un qualsiasi altro lavoratore, che è suo diritto usufruire di ogni permesso che la legge gli consente.

Altro problema spinoso è l’orario di cattedra che prevede 18 ore di lezione settimanali con conseguente equivoco sulla sua esiguità nei confronti di altri orari lavorativi.

Quest’originalità contrattuale produce un continuo aggravio di spesa, perché qualsiasi attività il docente attui al di là delle sue ore di insegnamento dovrà essere pagata,  come ad esempio, la sostituzione dei colleghi assenti.

In questo quadro generale Il professor X si chiede quale sia il ruolo del discente e in quale percentuale egli incida sulle decisioni e sull’organizzazione di questa realtà scolastica che nasce e vive grazie a lui.

La scuola incide per 15 anni sulla vita dei giovani, nel momento più delicato e difficile della crescita fisica e mentale, della formazione fondamentale che costituirà la base delle future scelte e del patrimonio di conoscenze ed esperienze che ne costituiranno il patrimonio personale.

Il professor X si chiede dubbioso se ancora sia valido il principio che la scuola debba insegnare a leggere, scrivere e far di conto o se sia diventata esclusivamente o prioritariamente un luogo di acculturazione, un punto di incontro di saperi più o meno utili, un ventaglio di proposte per l’ acquisizione di un patrimonio culturale di pronto intervento e continuamente da modificare. Non avendo una risposta soddisfacente, il professor X capisce che per lui è ora di andare in pensione.

Elucubrazioni di un professore alle soglie della pensione.ultima modifica: 2013-02-04T19:37:45+01:00da elisaber
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